da «Cleopatra» 
di Mario Benzing

    (...) Intanto il passo immutabile del Tempo prosegue, sopra gli uomini effimeri e le loro cose caduche; e a grado a grado la notte si stempera, si schiarisce. Un frego livido, lungo l'orizzonte marino di dietro il Capo Lochias, si accende come una lama arroventata, e pare l'orlo d'un cratere infiammato, in cui lentamente si sciolgano le tenebre. La spuma dei frangenti č gią pił bianca, e la nera massa del promontorio si staglia contro la luce sorgente, disegnando gią distintamente le moli e le linee dei palazzi che compongono la residenza dei Tolomei, la pił grandiosa della terra.
     La torre di Faros pare assorbire la luce con tutti i suoi massi faccettati, quasi per avvivare la sua che impallidisce. E' un immenso fantasma che le ombre dei suoi piani e lati troncano e fendono stranamente. A un tratto il suo braciere si spegne, e quasi al tempo stesso incomincia il canto frenetico della vita pił libera ed intensa.
     Gabbiani saettano dalle scogliere, e presto sono nugoli vorticanti e assordanti sopra il mare; innumerevoli uccelli cinguettano e schiamazzano nelle folte masse verdi che dovunque attorniano ed ammantano marmi e graniti; e trampolieri d'ogni sorta traversano il cielo in teorie solenni, venendo dai canneti del lago Mareotis, dietro la cittą, e dal Nilo che sfocia poco pił in lą a levante.
     E in quel clamore ch'č il primo sospiro della vita ridesta d'una terra fecondissima, sorge il sole 
dal seno di Ftah, il padre di tutte le vite mortali 
ed immortali, l'eterno Nilo. (...)



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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