HomeRomanziBiografieTraduzioniPrefazioniPoesieAutori & LinksIn EnglishAuf DeutschEn Français

 

Borgia

di Klabund

Traduzione di Mario Benzing


Prefazione

Klabund, poeta singolarissimo, morì giovane, ma visse appieno. Morì a trentasei anni, letteralmente consunto, dall’etisia, sì, ma anche più dal fuoco del suo spirito, che ora continua ad ardere non meno inestinguibile nelle sue belle opere: "Le giostre",

"Canzoni di cabaret", "La festa del fior di ciliegio", "Il cerchio di gesso", "Rasputin", "Piotr", "Maometto", "Moreau", "Francesco", "Bracke" ed altre. Nacque nel 1891 a Crossen, nel Brandeburgo, col nome di Alfred Henschke. S’addottorò in filosofia e si specializzò in storia naturale. Il ginnasio della sua cittò nativa gli ha eretto un busto, ma solo per onorare in lui il poeta. Il quale si chiamava e si chiamerà Klabund – Kla-mauk Vaga-bund, il vagabondo Klamauk, personaggio ricorrente nei suoi primi poemi e molto simile nello spirito a Villon, del quale il poeta era un fervente ammiratore.

Profondo conoscitore di molte lingue orientali, egli rese mirabilmente nella propria molto poemi turchi, persiani, cinesi, indiani e giapponesi. Forse ispirato da concetti orientali, il suo spirito, a un certo punto, si espande, abbraccia l’Uomo, la Vita e la Natura e si libra nel Tutto Universale. Infatti, nella sua forma compiuta, oltre ad essere profondamente umano, ha in sé tutte le tonalità della Vita e della Natura, dolci e dure, blande e crude, commoventi ed atroci; e balza dal più tenero romanticismo al più brutale verismo, per subito involarsi nelle regioni sublimi dei simboli e delle allegorie.

Le sue aspirazioni artistiche e spirituali sono mirabilmente espresse in "Bracke", giullare dell’epoca di Carlo V, emulo del famoso Uhlenspiegel, cui egli presta la propria anima. Bracke parla con l’ombra, con gli alberi, con le bestie grandi e piccole; comunica col Tutto, vive nel Tutto e solo può guardare senza arrossire negli occhi di madonna Innocenza. In lui non v’è né pregiudizio né preconcetto né elemento alcuno atto a corrompere le impressioni che gli vengono dal mondo universale, in cui intensamente vive; e tale comprensione cristallina di tutto genera in lui, nel modo più naturale, cioè per intuito, una saggezza quintessenziale.

In "Borgia", la sua ultima opera, egli sa come il suo Bracke, compiutamente, per la stessa saggezza. La sua comprensione dei fatti è totale e la vita dei personaggi che li compirono o li subirono balza in primo piano, mentre i fatti più o meno accertati dalla Storia ed il loro ordine cronologico diventano secondari e interessano solo relativamente. Molto più interessano i personaggi, la loro vita che, come risultante, riflette mirabilmente lo spirito del tempo, precisamente come quella del Cellini. E chi ha potuto leggerne la vita, senza sentirne la poderosa forza suggestiva? "Borgia" è per l’appunto suggestivo, essenzialmente, cioè senza altra intenzione, come un quadro, o meglio, data l’estensione 
del campo visuale, come un affresco.

 

Ritrae un mondo pressoché inconcepibile ai tempi odierni, nelle sue fasi più espressive, più significative, con mano maestra, gettando tratti caricaturali, scorci grotteschi, zaffate d’irrealtà là dove la riproduzione degli aspetti materiali delle cose o dei fatti non basta a renderne la realtà. E così espresso, quel mondo intimamente nostro, che trova la sua giustificazione solo nello spirito del suo tempo, determinerà di certo una viva eco nel cuore del lettore italiano.

M.B. (1930)

 

  Prologo

Segno questi caratteri per la rimembranza, scrivo queste parole per il memento, penso questi pensieri per ripensare, dipingo queste vicende per vivere a seconda.
Io sono Johannes Goritz, nato nel Lussemburgo, in Allemagna e ora referendario di suppliche. La mia casa, nel Foro Traiano, a Roma, è aperta a ogni persona colta e civile. I Tedeschi che vengono qui non mancano mai d'onorarmi d'una loro visita. Così ho avuto il piacere di salutare in questa mia dimora, e anche d'ospitarvi, Reuchlin, Copernico, Erasmo, Ulrigo di Hutten e quel frate, Martino Lutero, divenuto di poi famoso o famigerato. Quest'ultimo, se ben ricordo, era un gran mangiatore al cospetto del Signore, un vero barbaro di fronte a un cappone o a un arrosto di maiale. Veramente, il frate e il barbaro, il Tedesco e lo Scito erano maravigliosamente commisti in lui, il che verrebbe a spiegare la sua esagerata avversione al modus vivendi di Roma, "Babele d'ogni peccato". La Terra girava allora più rapidamente sul suo asse. Gli uomini perdevano facilmente l'equilibrio. Le comete trascinavano la coda sugli orizzonti notturni. Saturno riluceva funesto. Il Vesuvio e lo Stromboli eruttavano fuoco. Gli orrori della guerra, della rivoluzione, delle lotte religiose, sembravano non avere fine; né principio l'umanità, sebbene tutti parlassero d'umanesimo. Come mai avrebbe potuto far eccezione Roma e, unica inalienabile, serbar l'equilibrio morale in tanto caos? E' da maravigliarsi che la rocca di San Pietro abbia vacillato e che la Santa Chiesa sia stata riscossa nelle sue fondamenta?

Ho scritto queste cronache romane ai tempi dei Borgia, in latino, nei rari margini di tempo concessimi dalle mote faccende del mio uffizio. E solo questo manoscritto ho potuto salvare dal sacco di Roma dell'anno 1527, avendo in quell'anno d'infausta memoria perduto ogni mio bene e sostanza, eccettuati soltanto il vigor del mio cuore e la sanità della mia mente. La mia sorte mi portò molto vicino a quel memorabile colosso nomato Alessandro Borgia. Sovente ebbi occasione di parlare, annoverato tra i più fidi, con la sua bellissima e leggiadrissima figlia Lucrezia, come pure con S. A. il Duca di Romagna, Cesare Borgia, e quindi di farmi un mio proprio giudizio su questi tre personaggi tanto seducenti e insieme orrendi, che albergavano in cuore i contrasti più mostruosi.

A giudicare, mettiamo, Cesare Borgia, soltanto in base ai suoi atti e ai libelli dei suoi nemici, i quali erano innumerevoli, ci si farebbe un'immagine del tutto falsa del suo aspetto esteriore e del suo "carattere manifesto". Cesare Borgia era sempre persona sommamente cortese, contenuta e singolarmente modesta, insomma l'ideale dell'uomo virtuoso e del perfetto cortigiano. I suoi atti e le sue ambizioni sono in un'altra pagina. Il suo fascino personale e la dolcezza dei suoi modi s'accordavano ottimamente con la sua crudeltà e ferocia. Senza mai poter amare, era pur sempre amabile, e ho ancora vivo nella memoria l'entusiasmo con cui Machiavelli mi parlò del suo primo incontro con lui, che gli diede la prima idea del suo Principe. E ciò quando Cesare Borgia non era più ce una rovina dell'uomo di prima, poiché il mal francioso lo aveva già orrendamente deturpato. Anche sul conto di Alessandro VI, il poderoso fondatore della dinastia dei Borgia - poiché si tratta infatti d'una dinastia - corrono leggende del tutto false, in quanto che falsano il suo aspetto visibile (ogni personalità visibile ha molti aspetti, e spesso basta la luce d'una sola faccetta per mutar l'aspetto dell'intera immagine). Vero è che dentro di lui smaniava un demone - ma dentro dentro, e mai palese fuori. Alessandro Borgia era un bell'uomo, uno dei più belli dei suoi tempi, imponente e forte fino alla sua più tarda età, sempre d'umor sereno e giocondo, e avverso a ogni demone delle tenebre. Idolatrava i suoi figli e solo mirava ad affermare la potenza dei Borgia, usando molto accorgimento e nessunissimo scrupolo. Tutto quello che fece, lo fece apertamente, sotto gli occhi degli uomini, e io posso ben dire di non aver mai visto nessuno sprezzar come lui il giudizio del mondo. Ma lungi da me è l'intento di scrivere un'apologia dei Borgia. soltanto mi propongo di pesar la ragione e il torto con la bilancia della Giustizia: che Dio ne stabilisca i pesi! Non è mio uffizio formular giudizi: io sono referendario di suppliche: io riferisco.

 

«Diese Buchstaben
zeichne ich
zur Erinnerung auf,
diese Worte schreibe ich
zum Gedächtnis,
diese Gedanken denke ich
zum Nach-denken,
diese Handlungen male ich
zum Danach-handeln»

 

«Segno questi caratteri
 per la rimembranza,
scrivo queste parole
per il memento,
penso questi pensieri
 per ripensare,
dipingo queste vicende
 per vivere a seconda»